Elogio della Letteratura drammatica

Ragazzo guarda lago da pontile

In un recentissimo lungo articolo di #Walter Siti su #Leparoleelecose, rivista online pregevole, attenta alla produzione letteraria e artistica in generale, lo scrittore già docente universitario di Letteratura italiana, svolge una lunga analisi stilistico-formale della scrittura di #Roberto Saviano. La conclusione che ne trae è di un forte debito che l’autore napoletano contrae nei riguardi di una modalità di funzione della scrittura letteraria ben diversa, restando sempre più lontano da una concezione per così dire gnoseologica e conoscitiva in cui l’atto dello scrivere e il pensiero che lo determina dovrebbero aprire nuove piste intuitive e immaginative della Realtà in cui ci troviamo e che osserviamo a volte da partecipanti, a volte da esclusi.

Lo spazio-tempo della scrittura letteraria, credo che voglia dire Siti, dovrebbe indurci ad evitare l’ansia di entrare con la parola nella realtà credendo di cambiarla, anche con l’essere testimoni diretti di fatti veri. O di denunciarne i risvolti in punto di diritto o di morale. D’altra parte, non si può più essere semplicemente degli esteti della parola, che diviene così fine a se stessa, a volte stucchevole, a volte fastidiosa e inutile di fronte alla forza dell’immaginario visivo del tempo odierno.

Allora qui desidero esporre la mia esperienza e la mia umile passione di studioso di letteratura, teatro, e letteratura drammatica. Qui la parola oltre ad essere scritta, e a divenire, se letta, “letteratura”, deve essere anche agita sulla scena, dal vivo, di fronte a persone vive. Il teatro è l’ultimo luogo in cui il rappresentare diviene fatto sociale, comunitario, anche rituale (Pasolini, Testori, e anche Bene). E questo avviene sempre più (nell’epoca della riproducibilità dell’arte, v. Benjamin). Per cui, sulla scena, anche la parola detta e agita può conservare una forte veridicità, e anche verità. I dialoghi possono essere ricerca e apertura verso nuovi orizzonti di senso. I monologhi possono divenire sfoghi esistenziali che auto dilaniano il personaggio e per mimesi lo spettatore stesso, se vogliamo. Il tempo-spazio della rappresentazione costringono l’autore drammatico a non baloccarsi, ad andare al nocciolo più profondo possibile dei conflitti, delle visioni, delle intuizioni, e all’essenza delle domande che ci dobbiamo sempre porre. E siccome il teatro non è originale ma ORIGINARIO torniamo a rileggere gli antichi tragediografi e commediografi; Shakespeare e i Romantici, fino ai drammaturghi borghesi dell’800 e del ‘900.

Le scellerate, agghiaccianti, sanguinolenti scene descritte da Saviano nei suoi libri, in teatro, in quello occidentale, si vedono, e se ne ascoltano le parole, di volta in volta mutevolmente interroganti, maledicenti, o anche benedicenti, da circa 2300 anni! E senza condizionamenti di genere, o di mercato. E su questo, naturalmente, si può discutere!